DiariOOH di brand: 40 anni fa Starbucks nacque in Italia
Starbucks è conosciuto in tutto il mondo come la catena americana di caffetterie che ha fatto del “caffé fuori casa” un rituale felice, da condividere o no, ovunque tu sia: una vera esperienza conciliante con te stesso e con il mondo attorno a te.
Se questa idea di pausa caffè vi suona molto “italiana” c’è un motivo, e oggi ve lo raccontiamo.
Le origini del caffè più famoso al mondo
Il primo negozio Starbucks, a Seattle, fu aperto nel 1971 da tre imprenditori un po’ naif, senza particolari conoscenze del mondo degli affari: un insegnante di storia, un insegnante di inglese e uno scrittore diventato poi pubblicitario. Il primo si occupava della gestione del negozio, il secondo della parte finanziaria e della produzione di caffè, il terzo del marketing. Il primo punto vendita, allora e per molto tempo, vendette solo chicchi di caffè.
La svolta in termini di utili e internazionalizzazione arrivò infatti solo grazie alle intuizioni di Howard Schultz, un self made man di New York di umili origini, che grazie ad un talento da venditore era diventato general manager presso Hammarplast.
Proprio grazie al lavoro alla Hammarplast, Schultz ebbe l’opportunità di conoscere uno dei clienti, una piccola torrefazione di Seattle chiamata Starbucks, che comprava parecchi prodotti tra cui macchine per caffè.
Per conoscere questo piccolo negozio che aveva destato la sua curiosità, prese un volo per Seattle, e nel 1981 andò a conoscere i proprietari. Entrato nel locale, gli venne offerta una tazza di miscela di caffè proveniente da Sumatra: il primo sorso fu quello che fece scoccare la scintilla.
Schultz si innamorò al primo assaggio di Starbucks, e dovettero passare ben 12 mesi per convincere i proprietari a farsi prendere a bordo per occuparsi di marketing e vendite.
Rinunciò a una grossa fetta di salario in cambio di azioni e si trasferì a Seattle, carico di entusiasmo e grandi piani per la torrefazione.
Un nuovo concept di brand basato sui caffè italiani
La vera illuminazione fu però un viaggio in Italia.
Erano i ruggenti anni ‘80, un periodo di grande fermento commerciale e pubblicitario per l’Italia, e così visitando Milano e le nostre città, Schultz trovò nei nostri caffè l’ispirazione per lo Starbucks che conosciamo oggi.
A lui piacque l’aria romantica e sociale che si respirava nei bar italiani: i baristi e le bariste sorridevano ai clienti mentre servivano il caffè, creando un ambiente conviviale e accogliente che gli fece capire quanto fosse importante nella vita delle persone avere una piccola isola felice, un luogo alternativo a casa e lavoro dove poter passare del tempo.
Mr. Schultz capì che ogni cliente era attirato dal bar per ragioni profondamente diverse, e non necessariamente per consumare caffè.
In Italia la gente entrava in un bar per incontrare amici o per sperare in un incontro con un futuro partner, sentire un po’ di musica, fare quattro chiacchiere, giocare a carte, socializzare.
Tornò a Seattle con una nuova vision: voleva trasformare la torrefazione in una caffetteria di ispirazione italiana, ma l’impresa venne respinta dai soci fondatori.
Ci provò quindi con le sue forze, fondando una catena dal nome “Il Giornale” (in italiano) concependo la struttura dei locali che oggi tutti conosciamo, raccolse faticosamente fondi – 217 finanziatori su 242 interpellati gli rispondono che la sua idea vale poco e niente – e nel 1985 riuscì a partire.
Due anni dopo Il Giornale acquisì Starbucks per 3,8 milioni di dollari: Schultz ne divenne amministratore.
Il successo del brand di caffè “all’italiana”
Da subito si dotò di specialisti preparati per selezionare le miscele di caffè, e creò una squadra di manager capaci, andando a reclutare i migliori dalle catene che all’epoca stavano crescendo come lui, assumendoli da Wendy’s e da Taco Bell.
Le cose funzionarono bene: il team di manager di cui si era circondato portò i risultati sperati, e in soli quattro anni Starbucks passò dai 4 milioni di dollari raccolti a 273 milioni, fino a sbarcare in borsa.
Al NASDAQ il titolo ebbe un rialzo del 2098% dal debutto e la catena passò dai 6 store dei primi tempi agli odierni circa 32 mila
Il brand è uno dei più famosi sulla Terra, ed è la catena di punti vendita food & beverage più diffusa al mondo. Presente in oltre 70 paesi, ogni anno Starbucks vende 4 miliardi di tazze di caffè: allineandole, sarebbero 35 volte più lunghe della Muraglia Cinese.
Starbucks e il marketing esperienziale
Le sue strategie di marketing sono omogenee e pongono sempre l’accento sull’esperienza positiva e conciliante della pausa caffè: l’azienda si è da sempre concentrata sullo sviluppo del brand seguendo l’ispirazione originale del suo presidente, ovvero il “terzo posto”, il luogo preferito che esiste tra il lavoro e casa.
Proprio come recita la nuova dichiarazione di intenti di Starbucks: “Ispirare e coltivare lo spirito umano: una persona, una tazza e un quartiere alla volta”.
I messaggi promozionali del marchio si focalizzano sulla creazione di quella connessione personale tra i propri clienti, i propri baristi (chiamati, come tutti i dipendenti, “partners”) e la propria organizzazione.
Il fattore “esperienziale“, più che le proprietà del prodotto, è il valore reiterato nella comunicazione del brand: una strategia davvero vincente e di grande ispirazione, come traspare da uno dei suoi spot più recenti:
Nonostante il legame concettuale, Starbucks è riuscita ad aprire in Italia soltanto nel 2018, per le ovvie difficoltà di penetrazione nel mercato nostrano, ma si è fatta subito apprezzare per le consolidate qualità organizzative e per il suo sistema di valori.
L’azienda nata grazie all’Italia ha saputo nel tempo sfruttare efficacemente la distribuzione capillare dei suoi punti vendita con pubblicità OOH e strategie di proximity marketing.
Grazie alle recenti innovazioni si è affidata con successo anche ai supporti digitali come display e LEDwall, soprattutto nei suoi flagship store e più recentemente, all’interno dei centri commerciali italiani.
Proprio sugli schermi pubblicitari di Medya Network è stata programmata l’ultima campagna di Starbucks, a conferma della cura del brand nel porsi nelle mani di partner affidabili e dall’alto standard qualitativo.
Il proseguimento di una storia d’amore con il nostro Paese che ha fatto un giro immenso, ed è poi tornata.